ASD – IL RUOLO DEL SOCIO NELL’ACCERTAMENTO FISCALE

La Sentenza in commento muove da un Verbale di Constatazione redatto ai danni di una Associazione Sportiva Dilettantistica fondato su fatti ed elementi raccolti mediante la somministrazione di appositi questionari ai frequentatori del Centro Sportivo (ASD).

Da tale indagine sarebbe emerso che tutti i soci avevano ricevuto lo statuto sociale, avevano ben chiaro non solo di essere tali, ma anche gli scopi dell’associazione e che esisteva una vera vita associativa, che comprendeva anche iniziative al di fuori della palestra.

Non avendo, dunque, riscontrato particolari violazioni alla normativa in materia, oltre la presenza degli altri requisiti e del rispetto delle procedure e adempimenti previsti, i verificatori si sarebbero indirizzati verso altre contestazioni, che in breve andremo a chiarire, emettendo un atto di accertamento con il quale veniva disconosciuta la natura di ente non commerciale all’ASD imputata e richiedeva la somma di oltre 100.000,00 euro fra imposte e relative sanzioni a carico del predetto Ente con responsabilità personale del Presidente. I rilievi mossi ai danni della Associazione sono stati:

1. Violazione del divieto di partecipazione temporanea alla vita associativa (art. 148, co. 8, T.U.I.R.);

2. Il pagamento di quote differenziate per poter usufruire dei servizi forniti dall’associazione;

La sentenza, che confuta la tesi degli accertatori e soccorre la buona fede del sodalizio sportivo, viene di seguito riportata in alcuni passaggi fondamentali, senza fare alcun commento, in quanto ritenuto francamente superfluo:

“l’art.148, comma 8, lett. c) TUIR, i cui principi sono stati, correttamente, riportati nello statuto sociale, risulta rispettata, in fatto, nella vita sociale. Non vale, infatti, a contrastare questa conclusione il fatto che una volta associati e per il solo fatto di aver versato la quota associativa questa non desse diritto di partecipare, senza altri costi, a tutte le iniziative sociali o a tutti i corsi, ciò posto che le stesse avevano costi diversi che non potevano, logicamente, essere addossati a tutti gli associati anche a chi non vi partecipava. Insomma il fatto che per ogni corso, venisse fatto versare all’associato partecipante una quota ulteriore non significa assolutamente che vi fosse una temporaneità degli stessi nella vita associativa, ma solo che veniva correttamente imputato a ciascun associato la quota di costo che l’associazione sopportava per quell’iniziativa cui lo stesso partecipava”.

L’importanza di tale Sentenza, in conclusione, non riguarda l’esito seppur favorevole della stessa ma ci consente di ricordare il ruolo che il “socio” o del frequentatore può giocare in caso di contestazioni sulla natura non commerciale che rivestono molti Centri Sportivi.

Nel caso, infatti, fosse emerso dai citati questionari una certa “confusione” sui ruoli ricoperti (“socio” o “tesserato” e non “cliente”) o sulle finalità perseguite (promozione dello sport senza fine di lucro) il Giudice avrebbe potuto supporre un atteggiamento, da parte dei gestori del Centro, più orientato alla vendita di servizi che incentrato sul perseguimento di intenti filantrosici e comunque no profit, fino ad arrivare a leggere i rilievi mossi dagli accertatori come ulteriori indizi verso una tesi contraria alla Sentenza in commento, ribaltando l’esito della stessa.
Dott. Luca Chiacchiari