ESENZIONE DEI RIMBORSI SPESA PER I PROFESSIONISTI

Alla luce delle modifiche recate dalla L. 81/2017 all’articolo 54, comma 5, del TUIR già in vigore dal 2017, cerchiamo di sintetizzare gli aspetti fiscali di un tema molto “caro” al mondo professionale.

 

I rimborsi delle spese di trasferta (es. vitto e alloggio) relative all’esecuzione di una incarico vanno trattati, sotto il profilo fiscale e contributivo, in modo diverso a seconda che si tratti di spese:

 

  • sostenute dal professionista;
  • sostenute direttamente dal cliente.

Nel caso in cui le spese di trasferta siano sostenute dal professionista per lo svolgimento della propria prestazione professionale, le implicazioni fiscali cambiano a seconda di come le stesse vengano esposte in fattura per il rimborso.

 

  1. Se riaddebitate in fattura in modo analitico i rimborsi saranno integramente imponibili (assimilate al compenso professionale) e le spese sottostanti completamente deducibili (effetto fiscale neutro).
  2. Quando, al contrario, sono il rimborso è sposto in  fattura forfettariamente saranno sempre integramente imponibili (assimilate al compenso professionale) ma deducibili limitatamente nella misura del 75% e comunque per un importo non superiore al 2% dell’ammontare dei compensi percepiti nell’anno (effetto fiscale negativo per il professionista).

In entrambe i casi:

  • I documenti di spesa sono intestati al professionista poiché è colui che sostiene la spesa;
  • I rimborsi sono soggetti alla ritenuta d’acconto, assoggettati ad IVA, soggetti alla rivalsa previdenziale.

Nessuna valutazione di convenienza può farsi quando il professionista gode del regime forfetario.

Come noto, in questi casi, la tassazione avviene unicamente sui ricavi, a qualsiasi titolo percepiti. Per questo motivo, nei casi sopra esposti, il documento di spesa relativo alla trasferta non avrà alcuna rilevanza fiscale (dato che non scarica i costi) ed il Professionista si vederebbe paradossalmente tassati i “rimborsi”.

 

Per i professionisti forfetari, dunque, l’unica soluzione potrebbe essere quella di fare intestare il documento di spesa della trasferta direttamente al committente.

Quando, infatti, le spese di trasferta sono sostenute direttamente dal committente (il documento di spesa è intestato al cliente) non ci sono derive o conseguenze fiscali per il professionista (a prescindere dal regime fiscale adottato) e, di conseguenza, questi non dovrà riportarle in fattura.

 

Queste fattispecie non devono essere confuse con l’ipotesi delle spese che si considerano sostenute dal professionista “in nome e per conto del cliente”.

Nell’ambito dello svolgimento dell’attività professionale costituiscono tipiche spese pagate dal professionista in nome e per conto del cliente quelle sostenute al fine di assolvere imposte e tasse, quali:

  • imposta di registro, ipotecaria, catastale;
  • Imposta di bollo;
  • Contributo unificato;
  • Diritti e bolli dovuti alla Camera di Commercio per pratiche varie.

Tali spese, per il fatto di essere sostenute in nome e per conto, sono fiscalmente irrilevanti per il professionista. Per cui il riaddebito in fattura chiesto al cliente non sconterà la ritenuta d’acconto, non concorrerà alla formazione della base imponibile per il calcolo della rivalsa previdenziale nè alla formazione della base imponibile IVA (ex art.15 del DPR 633/72).